Partirono in due ed erano abbastanza, due giochi, una borsetta e poca fantasia.
Il posto non era distante, più che altro era quello che le mappe locali definivano “in culo al mondo”, ma loro in culo ce li mandavano spesso, non avrebbero avuto problemi ad arrivare.

Così fu. Dopo appena 22 ore di viaggio i nostri giunsero al castello di Stahleck, roccaforte e fucina della ludica europea, oltre che locazione dannatamente in salita, che ti rendi conto che due giochi, una borsetta e poca fantasia possono pesare più di un torneo di othello con gli appassionati di othello.
L’ingresso nel castello fu trionfale, escludendo il sudore che li rendeva più simili a natiche di dromedario, si sentirono come due principesse accolte da ospitali quanto goliardici signori, roba da buttare subito giù un pezzo a firma White Bishop, prima che l’eterosessualità riprenda corpo.
Ma il dramma riposa senza svanire mai, quindi eccolo apparire tra i momenti di gradevole stupore, la compagnia si scioglie, ricordando improvvisamente che, mentre il Valtriani a torto o ragione è un autore, il Puzzillo no. E questo, per il signore del castello, conta e come.
A quel punto il nostro eroe person protago tizio, per recuperare considerazione rispetto ai più titolati partecipanti decise di esibirsi in una autopresentazione in grado di sciogliere il più rigido cuore teutonico, facendo leva sulla convivialità tipica del nostro paese, esordendo con un “salve, ho portato un gioco per due perché detesto i giocatori, così meno ne vedo e meglio è”.
Un successone. La fila al tavolo del Puzzillo si creò lunga in un attimo con tutti i giocatori che volevano metterci sopra le mani. Un paio anche per provare il gioco.
La professionalità nell’aria dava nausea, tra i sorrisi e le battute una innumerevole (in realtà numerabilissima, ma ‘sticazzi) serie di considerazioni tecniche e produttive di spessore si diffondeva contrastata solo dalla imponente incompetenza italiana, presente in dosi massicce grazie alla faciloneria di personaggi del calibro del buon Mario Sacchi e della onnipresente famiglia Cranio, oltre a due manciate di autori e inidentificabili nostrani.
I giocatori arrivarono a frotte, succedendosi al tavolo con una frequenza paragonabile solo a quella delle birre sul tavolo del Valtriani.
Ore e ore di playtest, che se ne avessero concesse un quinto a Mage Knight sarebbe stato un gioco, interventi internazionali riguardo le politiche editoriali e le possibilità del mercato, intrecci di know how e filosofia ludica, il tutto con una sola grande conseguenza: prima di cena erano già tutti ubriachi.
Il Puzzillo, non ancora riconosciuto come terrorista ludico internazionale, fu confuso con un autore qualsiasi, ricevendone il medesimo trattamento, ricavando financo indicazioni interessanti per rendere il proprio aborto aleatorio quasi un gioco vero. Magari un giorno, se smetterà di dire bugie e la fatina si sarà fatta di polvere di stelle di prima qualità.

Ottenuto più di quanto si sarebbe meritato, ed escluso qualsiasi progetto d’accoppiamento estemporaneo con la fauna locale (comunque fortemente caratterizzata dalla sua “natura ludica”), il nostro astemio non trovò meglio da fare che provare qualcuno dei (più o meno) prototipi presenti nella sala dei cavalieri:
Chiarvesio interpreta Iennaco, con Faerie Tales (o roba così) un gioco di tarocchi e set collection quasi pronto, che ci vuol davvero poco per metterlo a posto, in somma, che è quasi pronto per essere messo a posto, in un cassetto.
La Grana porta Ranchoun, un gioco basato su Super Farmer, presentandolo con un sontuoso “dev’essere ancora pieno di polli, là fuori”.
I cechi della CGE esibiscono Steamferno un mini dungeon crawler in cui dei poderosi e mistici eroi a cavallo tra lo steam punk e il fantasy vengono calati nelle fogne della città per chiudere quattro rubinetti tra secchiate di piccoli blob. Finalmente un’ambientazione molto aderente, per un gioco dimmerda. Che magari una trentina di anni fa sarebbe stato un gioco dimmerda qualunque.
Valtriani porta più prototipi che pedalini senza per questo migliorare la situazione, inutile cercare di assecondare la pletora di regole, generalmente basta fermarcisi una mezz’ora annuendo, come quando qualcuno propone di giocare 011.
Ci sarà una nuova edizione di Aliens. E ‘sticazzi.

Cranio produce Sheepland, un giochino il cui unico scopo è far sentire i giocatori al pari di un ciuffo di lana. In trenta minuti.
A chiusura dei conti la vera sorpresa è stata l’insospettabile umorismo tedesco: la prima volta che si sente un tedesco fare una battuta è come la prima volta da bambino in cui vi rubano il naso, crollano tutte le certezze, prima di fare la figura dei rincoglioniti. Missione compiuta.
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