Illustratore: Klemens Franz e Uwe Rosenbrg, che fare la doccia insieme non era un legame abbastanza forte.
[del Puzzillo]
Devo ammettere che sono sempre tre ore, tre ore e mezza, di grandissima soddisfazione, qualcosa che vale la pena di fare da solo quanto con amici o semplici conoscenti; ciò nonostante anche la versione estesa del Ritorno del Re non può essere sempre l’avvenimento della domenica pomeriggio, quindi, qualche volta, abbiamo giocato a Le Havre, conquistando un angolo di paradiso secondo i crismi di qualsiasi credo.
Nel 2007 Uwe se ne usciva con il fortunato Agricola, con il quale, per la prima volta, riusciva a dare sfogo alle sue polluzioni matematiche senza produrre aborti come già
accaduto in precedenza. Visto il successo di un prodotto che finalmente la gente non usava per asciugarsi il vomito causato dal prodotto stesso, il nostro eroe decise, ad un solo anno di distanza, di dare alle stampe un gioco che accontentasse un po’ più il suo ego e un po’ meno i giocatori. In somma l’idea che tutte quelle mani toccassero, magari riuscendo a gestire, il suo lavoro, lo doveva aver reso davvero furibondo. Così ecco Le Havre, il gioco che se fosse uscito prima di Agricola, avrebbe chiuso la porta a chiave.
Siamo comunque ai top della gamma, come per le moto da corsa, senza limiti, senza diaframmi, senza regole… senza motorino di avviamento. Ossia qualcosa che non siete pronti a guidare.
Tanto per mettere subito a proprio agio i giocatori, durante il set up, vi passano per le mani i prestiti. Ora, non so a voi, ma a me, mentre preparo un gioco, vedere una pila di carte “prestito” fa pensare che ci sia qualcosa che non va. O che non andrà presto.
L’avversione di Rosenberg per le costosissime plance è il filo conduttore componentistico delle sue opere, anche qui infatti abbiamo tre cartoncini separati da accostare e rispettare con leggiadra manualità, aggiungendo l’accortezza di non estrarli in località marittime e fortemente umide come, ad esempio, Le Havre.
Sempre nell’intento di togliere quel po’ di buon feeling che poteva esser trasparito da Agricola poi, Le Havre mostra una sconsiderata quantità di risorse su tasselli di cartoncino eleganti come sottovasi di plastica arricchiti da illustrazioni degne del miglior sottovaso di plastica, roba che a confronto un’etichetta di maglione sembra un Caravaggio. Considerato l’appeal di questi elementi quindi Uwe ha rilanciato “facciamoli bifrontali!”, e vai, due brutture diverse sullo stesso tassello, nessuno scampo per i vostri occhi.
Occhi che, anche avendo gusti estetici estremamente generosi (più o meno pari a quelli della ragazza che ha il coraggio di starvi accanto), hanno il destino segnato per la dimensione delle risorse e principi di gioco come “guarda sempre tutte le carte di tutti i giocatori perché potresti doverle (anzi dovrai) usarle”, oltre a guardare quali risorse abbiano e da che lato le abbiano voltate (sì è doloroso, ma va fatto se volete giocarlo davvero). Roba che sarebbe meglio fissare per ore il volto di Michael Jackson. Adesso.
Nel preparare il gioco dovete avere alcune accortezze come l’esposizione del fondo delle carte costruzione, ovviamente sul pezzo di plancia non c’è lo spazio per farlo, ma se questo è il solo prezzo per vedere quella righina excel in cui è riassunta ogni carta… non vorrete mica togliervi il gusto di alzare il sedere dalla sedia ogni trenta secondi per leggerci qualcosa no? Anche perché quello è forse l’unico elemento in grado di tenere bassi i tempi morti, altrimenti utili per rilassare gli occhi. Generalmente russando.
Passando all’attività ludica, ammesso che abbiate superata quella fisica, potete serenamente cimentarvi nella meccanica che nel
dizionario abbiamo (in questo caso erroneamente) definito “cubetti”, ossia:
“Ogni giocatore ha dei cubetti che fanno altri cubetti che fanno punti vittoria o soldi con cui comprare punti vittoria.
O altri cubetti.
Tranquilli, prima o poi finisce.”
Solo che qui sono tasselli che si sviluppano sull’altra faccia e i soldi sono punti vittoria.
Uwe, sa sempre sorprenderci.
Per accompagnare “cubetti” però serve “piazzamento omini” che nell’occasione è uno solo, e infatti, data la ristrettezza del turno, spesso farà una sola azione prima che dobbiate sfamarlo, facendo sì che per una buona metà di partita vi troviate a giocare in affanno, che è sempre un piacere.
Ovviamente il tizio, non lavorando in Italia, ha diritto ad una retribuzione (in cibo) sempre maggiore, turno dopo turno, sebbene dopo circa mezza partita è probabile che ve ne dimentichiate completamente, considerando la possibilità di costruire navi che copriranno abbondantemente il fabbisogno di cibo (“la mia non è proprio fame, è più… voglia di veder passare le navi”).
Davvero una gestione oculata della tensione ludica, manco fosse una puntata di Scooby Doo.
Come per la tensione così per le risorse, per qualcuna soffrirete all’inizio ma non saprete più dove infilarvela alla fine, altre saranno meteore di fine partita, come se, come dire, ce ne fossero troppe.
Evidentemente non è importante, magari solo un po’ se lo consideriamo uno dei pochi elementi che potrebbero avere una qualche attinenza con il tema. Certo non siamo ai livelli di costruire templi con il pesce, ma la meccanicità delle azioni, la matematica prominente e la grafica raccapricciante sicuramente non restituiscono nulla dell’atmosfera portuale di Le Havre se non la puzza.
Al conteggio finale vuoi perché quella costruzione non usciva mai, vuoi perché ogni volta che toccava a te avevano appena svuotate le risorse delle materie utili, vuoi perché Marco non toglieva mai quel caz*o di omino dall’unica azione utile per fare l’acciaio, etc … ti ritrovi punteggi con una forbice da tagliarci in due la scatola del gioco. Cosa che probabilmente farai.
Date le caratteristiche fisiche e i livelli d’attenzione necessari, si consigliano partite tra pari età, e comunque con un numero di partecipanti non superiori a quello dei film belli tratti dal Signore degli Anelli.
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