prosperarono incrementando il proprio numero, facendosi occasionalmente guerra
l’un l’altro, a suon di idee brillanti e trucchetti meschini, per assicurarsi
il favore dei giocatori che abitavano sul Monte Puzzillo.
Puzzillo (e in particolare a chi vede nel ranking BGG la soluzione di ogni
problema), eccoci ancora qua a smontare un paio di giochi per vedere quante e
quali magagne nascondono sotto il cofano. Stavolta la missione è ardua, perché
il trait d’union fra i due titoli è una meccanica tanto elegante quanto
paracula: il Piazzamento Puzzilli.
“furberia autoriale”, ma questa non credo sia propriamente una meccanica.
Olympus arriva baldanzoso, forte diun Best of Show che rasenta l’inspiegabile finché non si guarda chi ha pagato
la produzione del gioco. L’ambientazione avvolge il gioco come un guanto calza
su un piede caprino. Olympus avanza, con in mano una folgore, mentre la Regina
di Kingsburg gli strizza l’occhio ammiccante.
Agricola si porta sul campo dibattaglia con una vanga in spalla. Ha dei figli da sfamare, e questo gli dà un
motivo in più per combattere. Sulle spalle porta 350 carte bilanciate da un
animeeple a forma di cinghiale, e due chili di legno.
Agricola, parlare di “ricchezza” è in qualche modo sbagliato. Personalmente
propendo più per il termine “disastro ecologico”.
estinto il Palissandro Indiano per produrre il gioco di Rosenberg, al grido di
“mungiamo la vacca grassa” hanno messo in commercio anche le pedine fatte a
balla di grano e i puzzilli a forma di montone, tanto per dare il colpo di
grazia anche alla foresta amazzonica. In compenso la grafica è, per così dire,
minimal chic. Anzi, diciamo solo minimal. Meglio ancora, diciamo solo che c’è
una grafica, e che il disegnatore che l’ha arricchita coi suoi schizzi adesso –
facciamogli un applausone – ha quasi finito la terza elementare.
ricchissimo ma comunque gradevole. La pecca principale sono le carte: sono così
sottili che quelle che a prima vista sembrano 110 carte sono in realtà 180, e
il fatto che questa non sia una battuta rende la cosa ancora più drammatica.
Basta stare attenti all’ambiente di gioco, perchè se il tasso di umidità sale
sopra il 50%, le carte si sciolgono.
giochi si basano su un principio abbastanza semplice: prendete un pezzo di
legno e mettetelo sull’azione che volete fare.
raccogliere risorse (cubetti, pappini, cittini di cartone), e in entrambi il
piazzamento è esclusivo.
l’esclusività si limita all’azione “a piena potenza”: quando un giocatore
sceglie un’azione, infatti, gli altri a turno possono mettere un loro omino in
coda dietro al collega avversario, dando vita a uffici postali ante-litteram, e
usufruendo della versione shareware dell’azione stessa. Potrei fare una facile
battuta su come i culti religiosi della Grecia antica assomiglino alla vita
politica e commerciale di una nota isola del mar dei Caraibi, ma sarebbe
davvero troppo facile (ehi, anche Puerto Rico sta
proprio nel mar dei Caraibi! … oh. [n.d.p.]).
quanto paradossale: le azioni sono totalmente esclusive, in barba a coloro che
dicono che “in Agricola l’ambientazione è molto calzante”. In ogni ambiente
agricolo che si rispetti, infatti, se il mio vicino sta raccogliendo legna, io
non posso raccogliere legna. Se il mio vicino sta costruendo steccati, io non
posso costruire steccati. Se il mio vicino ha comprato una pecora, io non posso
comprare una pecora. E così via, che potrebbe anche andarmi bene, se non si
arrivasse fino al paradosso per cui se il mio vicino se la sta spassando con
sua moglie, io non posso spassarmela con la mia.
avvolge in un’ambientazione che ci sta quanto basta. Fin qui ci siamo. Ma com’è
che gli autori risolvono l’inevitabile piattume derivante da “piazzo omini,
prendo cubetti, scambio cubetti”, e compagnia bella?
povero giocatore con una raffica di carte tutte diverse fra loro, il cui
bilanciamento è stato probabilmente affidato a un branco di pecore ubriache
(una parola sola: Balia). Il principio è banale: la meccanica di base è
semplice, e alla varietà ci pensano le carte. Bilanciarle non è una priorità.
raffica di carte tutte diverse fra loro, il cui bilanciamento è stato
probabilmente affidato a un branco di tori sacri ubriachi (una parola sola:
Tempio di Atena).
semplice, e alla varietà ci pensano le carte. Bilanciarle non è una priorità
(ok, in Olympus è un po’ più una priorità che in Agricola, questo bisogna
ammetterlo, ma d’altra parte un toro ubriaco è più pericoloso di una pecora).
Il pro del gioco di Rosemberg è tutto nell’insieme (il flavour, le azioni, le
combo) perché se si scompone si rimane delusi, un po’ come quando si smonta un
giocattolo e ci si ritrova in mano solo degli inutili pezzi di plastica.
sconvolgente: aumentare le dimensioni della famiglia è una scelta troppo
potente per essere ignorata, le carte che la facilitano sono quasi tutte
sbilanciate, e il resto del gameplay – che spinge verso la non-specializzazione
– va calibrato a cascata a partire dalla generazione dei figli. Che a dare
varietà siano mille mazzi di carte è una mossa così paracula che quasi verrebbe
voglia di ricominciare a giocare a Brivido.
dice “l’ambientazione è calzante”. Certo, chi non manda a lavorare il figlio
appena nato? “Eh, ha solo due anni ma è già un ottimo guardaboschi.”
Vittoria in Agricola? Nessuno alza la mano? Immaginavo.
da Kingsburg (meno male c’è Kingsburg, sennò avremmo dovuto dire che le
prendeva da Agricola), sostituendo il piazzamento dei dadi con il worker
placement. “Ma il piazzamento dei dadi è praticamente già un worker placement
“limitato” di suo”, diranno in coro quelle quattro cacchette che mi leggono…
ma siete davvero cattivi, oltre che maledettamente sinceri… citando un
Guzzanti di molti anni fa, sopravvoliamo.
escamotage che ha incantato pochi
gamers. C’è il sistema di scale di progresso, che non è sgradevole ma neanche
rivoluzionario, tanto da suscitare entusiastici cori d’indifferenza.
L’ambientazione è davvero poco sentita: al tavolo si parla di cubetti blu e
rossi e non di pesce o cacciagione (ma un pollo ogni tanto no?). Le tre risorse
sembrano davvero appiccicate lì: ok, Demetra fornisce Grano, ma perché serve
del Grano (e non, chessò, della pietra) per costruire un tempio? Ve lo dico io:
perché altrimenti saremmo tornati a legno, pietra, oro, e al burbero re Tritus.
dà meno fastidio di un’ambientazione fatta male, c’è anche da dire che la sensazione di avere davanti
un minestrone è davvero forte.
tirato contro altri giochi queste critiche possono apparire un po’ tecniche, ma
d’altra parte è per adattare le mie parole alla mancanza principale di questi
giochi: il mordente. Prendi qua, sposta là, ruba il posto lì: due palle.
guerra, in Olympus, è un calcolo matematico. Che ti ruba un paio di cubetti.
Pardon, di pesci.
colazione mangiate abbondante, perché stasera ceneremo a cubetti!”
sbadigli accompagna i due guerrieri mentre s’intrecciano attacchi senza
esclusione di colpi di sonno: si potrebbe tirare un tris di dadi sperando in un
17, si potrebbe giocare una carta per piantare un fagiolo.
fan, si fa così: vince Agricola.





Scrivi una risposta a Anonimo Cancella risposta