Titolo: I Pilastri della Terra
Anno: 2006
Autore: Michael Rieneck
Stefan Stadler
Editore: Stupor Mundi
Tipo: gioco da tavolo
Genere: gestionale
Tema: medievale, romanzo
Meccanica: draft scoperto, piazzamento lavoratori, gestione risorse, poteri variabili
Numero Giocatori: 2-4 (6)
Durata: 90-150
Difficoltà: 3/5
Dipendenza dalla lingua: media (testo di
alcune carte)
Illustratore: Michael Menzel
produzione ludica internazionale, persino più del gioco del Bunga Bunga (sì
esiste).
dello stesso tipo che lo unisce all’omonimo romanzo di Ken Follet, per quanto
forte anch’esso sia, bensì è generato da
un concept di design ludico che rende i giocatori un popolo di poeti, santi e
navigatori, oltre che “brava gente dal cuore d’oro”.
incredibile spaccato dei nostri usi e costumi storici. Si parla di quattro
costruttori che se la battono per prevalere nella realizzazione della
cattedrale; senza scrupolo per tanto si gettano operai nelle cave, boscaioli
nelle foreste, scavatori sull’arena… e fin qui sembra tutto abbastanza
“internazionale”, ma più di tutto ciò che colpisce è il percorso
“all’italiana” dei capomastri: potete mandarli a piangere dal vescovo
per proteggervi dalle “sfighe della vita”, potete mandarli a piangere
dal priore per avere una buona parola, potete mandarli a piangere dal Re per
non pagare le tasse (il che è un diritto sacrosanto di OGNI costruttore),
potete mandarli a piangere dal castellano per avere qualche lavoratore
immigrato in nero…
Volendo essere meno maliziosi (e non vedo
perché), possiamo dire che il gioco ruota attorno alla costruzione della
cattedrale, elemento centrale del gioco… in
effetti come vivere senza un segna turni in legno?
Ridicolo? Magari no, se pensiamo che è centro della storia, che i
giocatori si affannano nell’accumulare prestigio durante la realizzazione della
grande opera architettonica e che la raccolta e la lavorazione dei materiali
sono volte proprio a tale scopo… be’ a ben vedere sì, è piuttosto ridicolo
fare tutto questo per un segna turni, ma sarebbe stato forse meglio senza?
Probabilmente sì.
agli aspetti stilistici I Pilastri della Terra si rivela un “tedesco” piuttosto
generoso, la sensazione di stare sempre riuscendo in “qualcosa” accontenta i
giocatori accompagnandoli dolcemente fino all’inesorabile esito. Una sorta di
morfina ludica che trasforma il draft delle risorse, il piazzamento dei
capomastri e la gestione delle risorse in un piacevole operare.
A creare qualche piccola fibrillazione è l’estrazione casuale dei capomastri,
che rende il piazzamento lavoratori una parte del gioco su cui è difficile fare
affidamento, è come accendere il mutuo con un biglietto della lotteria.
La varietà invece
la concedono le carte: bonus variabili ed eventi casuali pescati da mazzetti
appena abbondanti, diciamo un etto e venti a testa.
infine, dopo i biscottini per tutti, l’amara medicina del risultato: niente
conteggi finali né punti a sorpresa, storia terminata, lieto fine o meno. L’abilità
dei giocatori si traduce in una forbice di punteggio così stretta da non
potervici tagliare nemmeno l’unghia del mignolo, per quelli che rimangano più
indietro invece è pronto Dixit.
panorama turistico, scorrevole, morbido come soufflé.
come una tasca, le parti migliori sono rimaste nell’espansione.
DICE – “a me questo piace”.
risposta in un concorso truccato. Quasi necessaria, porta a 6 i giocatori,
inserisce una serie di azioni compilatorie e riduce l’alea.






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