Chiudere una casa editrice in questo periodo è come abbattere un edificio a Gaza: poco originale e apparentemente di scarso interesse.
Proprio come la linea editoriale di Playagame, che per coerenza sceglie questo momento per chiudere.
La dichiarazione ufficiale: “Abbiamo deciso di intraprendere una nuova strategia più tranquilla: chiudere l’azienda e dedicarci ad un’altra attività.“
La stessa tranquillità con cui Schettino è passato dalla Concordia alla terra ferma.
Per prosperare in questo mercato apocalittico non sono bastati successi indiscutibili come AXO, Spark Town e Zefiria (uno dei tre è inventato, sapreste dire quale senza cercare on line?); e non sono serviti prestigiosi premi come il Gioco dell’Anno o il Premio Efesto, né sono stati di supporto l’affezionata clientela e i partner affidabili (come Uplay, Dal Tenda e l’ultimo distributore, Manicomix, che tutti conoscono per essere il distributore di AXO, Spark Town e Zefiria).
Nulla, nonostante tutto questo successo, Playagame chiude.
L’editore assicura che i suoi titoli siano stati rilevati da altre case editrici, probabilmente durante una puntata di Affari al Buio, ma minaccia che continueremo a vederli sugli scaffali.
Come i glitter: provi a farli sparire, ma continuano a spuntare ovunque.
Affidiamo l’anima di Playagame alle stelle, mentre gli altri editori assistono, serenamente, dall’orizzonte degli eventi.






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