Am I a perfect fair? No.

But am I working hard to improve every time? Also no.

Il sold out degli abbonamenti, dei biglietti del giovedì, e di quelli del sabato ha creato uno scompiglio che per poco non ce fregava qualcosa. 

Immancabile l’appuntamento con la fila per l’ingresso, la fila per ritirare i gadget, la fila per l’acquisto impulsivo, la fila per il bagno, e fila per la fila. Le persone più tranquille erano anestetizzate dalla FOMO della FOMO, gli altri sbavavano come in vita loro avessero visto solo il Carducci.

La bolla non è esplosa, la produzione continua massiccia e le case editrici proliferano, l’ecologia serve solo a vincere premi e a fare marketing.

I padiglioni sono sempre divisi per aree tematiche, il che indica  solo che nel 3 si concentrano i giochi così lunghi da impedire alla gente di farsi una doccia. 

Dei giochi poi ne diremo citandoli per nome, ma alcune categorie si sono portate in evidenza:

Il Kickstarter dal vivo: vendono il gioco, l’espansione per il quinto giocatore, quella per l’interazione, per la doppia durata, per il solitario, il tappetino, le risorse in zanna di tricheco e la confezione cucita a mano da un focomelico. Prezzo speciale, o un rene, se vuoi solo il gioco base. 

L’originale: non l’ha mai fatto nessuno, qui i pezzi non li muovi, li lanci, li immagini, li mangi, te li infili nel naso, e non giochi sul tavolo ma sotto, per terra, a casa di uno sconosciuto, in fila per la fila. Tutti pensando di essere Gaudì, mentre Gaudì diceva: “l’originalità fine a sé stessa è solo eccentricità, geni de ‘stocazzo”.

Indovinate la categoria.

La riedizione: non è mai stato così bello/grande/tridimensionale/fluido/inclusivo, o comunque si scriva “costoso” nella lingua editoriale. Talvolta con spudoratezza, talvolta cambiando titoli e nomi, a seconda del grado di dignità.

Il “manco ce provo”: un tributo all’onestà, non potevano permetterselo, avevano speso tutto per l’autore, per i disegni, o non avevano poi tutta questa voglia, ma l’hanno fatto lo stesso.

Il More of the same: il core della manifestazione, fidelizza il cliente e soddisfa il bisogno di certezze. Lo apprezziamo sempre come una pizza margherita. In un ristorante tedesco.

Grande attrattiva è stata il comparto cibo, food truck all’interno e all’esterno, costolette, burritos e diarrea. Pacchetto completo. Almeno non sono solo i giochi a far cagare.
A proposito, poco presente il cosplay, a questo punto decretando la sacrosanta diversione fra nerd del fumetto e nerd dei giochi, garantendoci il bagno in una folla che ha definitivamente abbandonato ogni velleità nei confronti della topa.
Questo significa però anche meno stronzatine gadgettistica, e… andiamo, alcuni di noi hanno dei rapporti da portare aventi, non possiamo cavarcela solo coi calzini di Pika Potter.

Vi manca molto?

Tanta era l’offerta di nuovi prodotti che nonostante il flusso copioso di persone si è riusciti a giocare, doloroso o più che fosse, talvolta anche solo per dare soddisfazione a un editore che aveva attraversato mezzo mondo per portare un po’ di gioia nei nostri cuori.

La gioia nei nostri cuori.
  

Essen Spiel rimane una grande esperienza, un incontro di anime e idee, un vero e proprio raccordo: sempre intasato e pieno di gente che c’ha i cazzi propri, ma con il piacere di pagare 6 euro una Coca.
Però Essen è anche altro, è un concetto che… no, non ce la faccio, è solo che le novità escono quasi tutte lì e ci sono più editori che a Norimberga, dove ci vanno solo quelli che lo fanno di mestiere. Cioè, Essen è dove giocatori per hobby ed editori per hobby possono confrontarsi per convincersi di non aver sbagliato hobby. Senza contraddittorio.

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