 |
La buona Francesca Aliberti,
ritratta da Massimiliano e Walter Pellegrini, c’impartisce lezioni d’azzardo:
“deriva dall’arabo az-zahr, che significa dado”
Ovviamente non è vero: non sappiamo se sia buona. |
Della distinzione tra giochi con vincite in denaro e giochi di società se ne parla da tempo, ma da alcuni giorni impervia su internet, soprattutto tra gli addetti ai lavori nel campo dei giochi da tavolo e di ruolo,
una petizione volta ad aggiungere la dicitura “d’azzardo” a tutte le comunicazioni che riguardano il gioco che causa dipendenza e che deve essere avvicinato “responsabilmente”.
Già, come le droghe, l’alcool o Magic.
Una sorta d’indignazione del settore che intende lottare per la dignità del gioco di società, del gioco come attività fondamentale dell’essere umano, del gioco come radice di vita, di creatività e di vita.
Si scrive “dignità”, si legge “epic fail”.
La verità è che nessuno, a parte qualche giocatore ingenuo, grillino o speculatore, penserebbe mai che una pubblicità progresso del tipo “gioca responsabilmente” o “il gioco può causare dipendenza”, possa riferirsi al gioco da tavolo.
Prima di tutto perché la maggior parte delle persone non conosce il gioco da tavolo, o a mala pena Monopoly e Risiko.
Poi perché, anche solo conoscendo quelli, nessuna persona con funzionalità cerebrali in grado di rendere utilizzabili i pollici abbinerebbe mai il concetto di gioco da tavolo ad alcuna dipendenza.
E se avete giocato Monopoly e Risiko sapete di cosa parlo.
Ciò senza considerare che la cultura italiana è intrisa di gioco, in particolare d’azzardo, praticato tra l’altro in maniera talmente estrema fin da bambini che, a confronto di un Natale della famiglia Rossi, Las Vegas sembra un covo di poppanti. Sappiamo quindi per cultura e tradizione distinguere persino il gioco d’azzardo leggero da quello rovina famiglie. Mio padre sa addirittura distinguere il gioco da tavolo senza scommesse in denaro, lo chiama “ancora coi pupazzetti?”.
Una parentesi la voglio dedicare ad un mio nuovo hobby: il game design. Chi l’avrebbe mai detto eh?
Be’, ho scoperto che ci sono delle meccaniche (o dinamiche, a seconda di quanto siate addentro alla semantica del tema) che fanno esattamente leva sul “push your luck“, ossia “azzarda“. Un esempio può esserne l’innocuo King of Tokyo.
Bene, questo per dire che, se volessimo stringerci proprio intorno alla semantica, molti giochi di quelli che riterremo di salvare con la dicitura “d’azzardo” invece finirebbero dritti dritti nel calderone dei giochi a cui fare attenzione per legge.
“Ma per azzardo s’intende con vincite in denaro“, diranno i miei attenti lettori, come avranno letto sul testo della petizione. Io leggo anche che “azzardo” è “qualsiasi attività che presenti un margine di incertezza e si presti a scommesse sul suo risultato finale“, come la stragrande maggioranza dei giochi da tavolo (e non solo), anche se la scommessa è la vittoria e non per forza una somma in denaro.
 |
Ancora Francesca e la sua Regina di Cuori.
Voglio dire, se proprio uno dovesse azzardare… |
Nel dubbio comunque è bene ricordare che ci sono alcuni giochi da tavolo organizzati in tornei con vincite, anche considerevoli, in denaro (vedi Wizards of the Coast, ma anche gli scacchi non scherzano). Per questi giochi il discorso del “giocare responsabilmente” vale esattamente come per i tornei di Poker sportivo. Così, anche anche da questo punto di vista, niente da recriminare per la pubblicità progresso.
Il concetto di “giocare responsabilmente” poi, tanto più conoscendo i giocatori da vicino, sostengo che sia tutt’altro che da scartare in ogni ambito ludico.
Preoccuparsi della fama quando si ha fame può essere un punto d’onore. Ma a dire il vero questa appare come la più grande opportunità pubblicitaria di cui il mercato del gioco da tavolo goda da anni.
Mi riferisco al fatto che pratichiamo uno dei mercati meno ricchi del circuito dell’intrattenimento, forse il più povero in assoluto, tanto che l’ultima pubblicità televisiva di un gioco da tavolo (esclusa la Hasbro, che comunque promuove vecchie glorie) risale all’uscita del Magnifico di Albertarelli (2008, comunque roba alla Risiko, nessuno voleva scioccare gli acquirenti). Prima di quello ricordo Heroquest e Brivido. Un bel salto.
Quindi la sola idea che una pubblicità possa chiamare in causa il gioco da tavolo mette i brividi, a chi per un motivo, a chi per un altro.
Che lo faccia per dire “oh, e andateci piano” invece, fa ridere, cazzo se fa ridere.
Certamente se noi del Puzzillo avessimo volto i nostri sforzi ad altri ambiti dell’intrattenimento, spostandoci anche solo di poco, fino al settore videoludico, ne avremmo ricavato certamente di più, fosse stato anche solo non rimetterci. Quindi il polso della ricchezza del settore non può mentirci, così la sua gloria, così la sua considerazione tra il grande pubblico.
– QUALCUNO HA DETTO GIOCO?
Hey, ci sono anch’io! Giochi da tavolo! Vene racconto certi che…
– No, nonno, nessuno ha detto giochi da tavolo, torna a succhiare la tua patata.
Se una pubblicità recitasse “attenti a giocare troppo” riferendosi davvero ai giochi da tavolo, mi offenderei, mi offenderei come si è offeso Pistorius quando la ragazza gli ha regalato un paio di pantofole, mi sentirei preso per il sedere. E comunque incasserei, perché la verità è inconfutabile, e poi “le bugie hanno le gambe corte” come ha ricordato il giudice allo stesso Pistorius.
Lodevolissima quindi l’iniziativa della petizione, come sarebbe lodevole un bimbo che in un processo per mafia urlasse dal fondo “io le caramelle non le rubo mai”.
Non c’è (o magari non trovo) un reale o razionale motivo per promuovere e partecipare a tale iniziativa, se non per la volontà di apparire con qualcosa di apparentemente condivisibile e irreprensibile, in somma, nulla di più che una pubblicità gratis (che conti questo come motivo razionale?).
Per sfruttare meritoriamente l’evento però potremmo promuovere una scommessa sportiva. Ad esempio potremmo tenere il banco sulle possibili risposte alla petizione da parte dell’AAMS:
 |
| Sempre lei, e noi qui a faticare. |
1- Il nostro intervento in favore di un gioco più responsabile da parte della popolazione, vista l’incidenza disastrosa su una considerevole quantità di famiglie italiane, non vede, nell’attenuazione dei drammi da tali eventi causati, nessuna intenzione di coinvolgimento di un settore dell’intrattenimento sano, chiaramente non preso in considerazione là dove non responsabile dei danni in questione.
2- L’interpretazione dell’attività ludica in termini denigratori per la realtà dell’industria d’intrattenimento intelligente non deve sentire chiamata in causa la propria natura attraverso l’esercizio di educazione della popolazione che in questo modo può imparare che cazzo dritto. [
cit. Kaddour Kouachi]
3- Giocodeche?
4- Chi ha scorreggiato?
Detto questo chiudiamo con un appello a tutti i lettori affinché firmino la petizione in questione: hai visto mai che frutti qualcosa e un giorno riusciremo pure noi a ricavarne qualche cazzo?
Lascia un commento