Titolo:
Dixit
Anno:
2008
Autore:
Jean-Luis Roubira
Editore:
Libellud (fra)
Tipo:
party game
Genere:
narrativo
Tema:
tristezza
Meccanica:
scommesse segrete, narrazione, bluff
Numero Giocatori:
3-6
Durata:
40’-troppo
Difficoltà:
1/5
Dipendenza dalla lingua:
nulla
Illustratore:
Marie Cardouat
Sono i maestri che ci indirizzano, e questa volta l’arte del maestro Ted Alspach ci ha presi per mano e portati in una sorta di visita guidata senza opzioni di critica, e noi ascoltiamo:
Dixit ha vinto il prestigioso premio Spiel Des Jahres 2010, cosa ti ha colpito?
– Mi piace la parte in cui termina in fretta ed è possibile giocare a qualcos’altro.
– Mi piace quando giochi con tizi non creativi e ci vuole un’eternità per far uscire una frase decente.
– La grafica è incredibilmente inquietante.
– Non c’è meccanismo di “acchiappa il leader”, così se sei avanti gli altri rimangono miseri per l’intera partita.
– Le carte sono troppo grandi per essere imbustate, quindi si segnano subito e puoi barare facilmente.
– I coniglietti cadono sempre quando li sposti sul percorso.
– La dimensione inconsueta della scatola farà sì che il gioco emerga vicino agli altri, o che andrà perso e dimenticato per sempre.
– L’odore di “made in china” quando apri la scatola per la prima volta mi fa sentire brillo e stordito.
E dopo che Ted ha mitragliato sulla croce rossa a me non rimane che passare punzecchiando con un bastoncino per verificarne lo stato.
Dixit è quel gioco che intenderebbe stare in un cantuccio della vostra ludoteca per essere tirato fuori in quelle serate in cui avete mezz’ora di disimpegno ludico tra la cena e qualcosa di meglio. Il proposito si dissolve nel momento in cui potete riempire quella mezz’ora già con qualcosa di meglio, come scommettere se sia possibile lavare i piatti con i piedi, o controllare di quanto si decompongano gli avanzi di una cena nel giro di 30 minuti.
Roubira ha scelto un sistema di gioco puntando tutto sull’originalità, un’opera al pari del Pavid di Richelangelo e del Dolosseo: si sceglie una carta tra quelle possedute, si enuncia una frase e si mischia tale carta con quelle scelte da ogni altro giocatore, ognuno dalla propria mano; poi i giocatori scommettono segretamente su quale delle carte rivelate pensano sia quella posta dal giocatore di turno, relativa alla frase enunciata. Punti per chi indovina e per chi abbia posto una carta su cui qualcuno abbia puntato, nessun punto per scommesse sbagliate e per il giocatore di turno cui tutti o nessuno abbiano individuato la carta.
Su questa ossatura, unica nel suo genere, si sono sviluppati muscoli d’acciaio come il calzante stile francese dei disegni delle enormi carte, giustamente vago nelle immagini e ingiustificabilmente triste, una cosa che farebbe apparire Pierrot come Krusty il Clown. Le dimensioni fuori scala delle carte sono state poi aggiustate con la produzione di bustine protettive ad hoc, anche se il peggio era fatto, da lì a poco altri avrebbero adottato misure inconsuete per attirare l’attenzione, attenzione: editori, non è stata la dimensione delle carte il segreto per il successo di Dixit. Nonostante non sia a tutt’oggi chiaro quale sia il reale motivo di tale successo, ripeto, è dichiarato che non sia la dimensione delle carte (e con questo ci aspettiamo l’uscita di un 7 Wonders “portable”).
Ancora, il gioco è composto da 84 carte, ognuno inizia la partita con 6 carte in mano, e ad ogni turno ognuno pesca una carta. Tutto nella norma. Il gioco termina quando termina il mazzo. Ossia il numero di turni giocati è disparo rispetto al numero di giocatori. Cioè l’unica parte possibilmente interessante del gioco, quella in cui si enuncia una frase, toccherà a taluni più volte e a talaltri meno. Alto game design per un prodotto di qualità.
Per il resto Ted ha fatto il grosso del lavoro: il punteggio secco non dà scampo a nessuno, è un gioco di pura abilità che premia solo i migliori, tanto che è riuscito persino a far premiare sé stesso. La dipendenza da giocatori in status da party game è essenziale, quando i partecipanti empatizzano con i disegni è la fine, e non solo del gioco. Tanto è fastidiosa la componentistica che persino i coniglietti segnapunti riescono a snervare con la loro cronica incapacità di svolgere il proprio compito: star fermi.
La sintesi di Dixit è quella dell’imbarazzo e dell’impegno di un gioco di narrazione con l’inadeguatezza strategica di un gioco di scommesse, il tutto mischiato con uno standard qualitativo notevolmente basso. Effettivamente a questo punto sono palesi le chiavi del successo del gioco: punta all’obiettivo.
PRO – quattro righe di regolamento, buone per comprendere rapidamente perché richiudere la scatola prima di iniziare; ha smascherato definitivamente lo Spiel Des Jahres.
CONTRO – decisamente.
LA GUASTAFESTE DICE – “vado a piangere, chiamatemi quando avete finito.”
NOTE – ringraziamo il maestro Ted Alspach e il suo Board 2 Pieces, ma nonostante il suo avvertimento al mondo di Dixit sono state messe in circolazione sia un’espansione che una versione “Odissey” in grado di portare a 12 il numero massimo di giocatori. Ho visto film di zombie invadere più lentamente.
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